martedì 19 giugno 2012

"Autunno a Pechino", Boris Vian.




“AUTUNNO A PECHINO”
Boris Vian.

In questo romanzo, Boris Vian, sembra riuscire ad aprire i cassetti più nascosti del subconscio umano. Vian ci racconta la realtà di un altro cielo, le emozioni di un altro mondo che si fondono con idee, pensieri, dimensioni oniriche e surreali.

 Amadis Dudu, il protagonista della storia, è un uomo che fugge dalla realtà. E' un impiegato Dudu, dalla vita monotona e dominata da riti quotidiani. Non è il capo dell'impresa di cui fa parte, né mai lo sarà. 

Dopo una mattinata tormentata, Amadis decise di salire sull'autobus per Exopotamia , dopo averne perso uno che gli era passato davanti al naso, accettando la proposta di andare a lavorare per un'opera architettonica impossibile: costruire una ferrovia che non conduce da nessuna parte. Una volta sull'autobus si rese immediatamente conto di non poter più tornare indietro. Tutto era stato studiato per portarlo a lavorare nella sconosciuta Exopotamia. Amadis venne abbandonato sul cantiere della ferrovia, dopo una folle corsa nel deserto, forse il suo deserto interiore. Alla fine dell'epopea sull'autobus, Amadis capì che lui era l'unico padrone dei suoi sogni, ma allo stesso tempo dubitava di se stesso, pensava che avrebbe potuto essersi addormentato sull'autobus che prendeva ogni mattina per andare al lavoro, e che si sarebbe potuto risvegliare impiegato in qualsiasi momento. Amadis ben presto conobbe tutti i vari personaggi che per un motivo sconosciuto erano stati prescelti per questa impresa tanto inutile quanto impossibile: un archeologo, due operai instancabili, un donna color dell'ebano che incarnava la sensualità e che perturbava gli animi dei lavoratori della ferrovia, il cuoco italiano esperto di cucina, di vino e del piacere della carne (in senso culinario e non!), un medico che costruiva aerei che non volavano mai, la sua sedia con la febbre e il suo paziente di fiducia, un pazzo che aveva trovato la sua ragione di vita nella mutilazione delle sue parti intime, due giovani ingegneri, amici per la pelle, che si contendono una bellissima ragazza, indecisa e dalla sensualità conturbante. 

Boris Vian esalta e porta agli estremi le frustrazioni e le debolezze di questi personaggi, destinati all'autodistruzione. Secondo alcune critiche, lo stesso autore entra in scena attraverso il personaggio dell'abate, un parroco senza parrocchia, che sembra lo Zeus ex machina di tutta la vicenda. Supervisore e anello di congiunzione di tutte le storie che coinvolgono i vari personaggi, consiglia, giudica e cambia i loro destini, prendendo, a seconda del suo stato d'animo, decisioni che a nessuna chiesa nel mondo salterebbero mai in mente. Per esempio ordina come penitenza la fornicazione eterna ad un eremita, che pur essendo tale conviveva con la bellissima giovane nera. 

La ferrovia è un pretesto. La si costruisce per un futuro incerto, anche se tutti sanno che gli unici a beneficiarne saranno i costruttori. L'amore ed il degrado s'intrecciano come un flusso vitale sotto un cielo macchiato di giallo e marrone e che nasconde soli eterni. Nel libro non si parla né di autunno né di Pechino, ma solo di Exopotamia, del suo calore, e della pretesa dell'uomo di essere Dio nel deserto della sua esistenza.

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